Il divulgatore scientifico pronto a tornare su Rai Uno nella notte di Natale, ha raccontato un episodio da brividi del suo passato: Alberto Angela fu condannato a morte.
Per la prima volta Alberto Angela si troverà a passare il suo Natale senza l’amatissimo e compianto padre Piero. Ma lo farà in compagnia dei telespettatori, approdando su Rai Uno con Stanotte a Milano. Parte così, domenica 25 dicembre alle ore 21.25, il nuovissimo format in cui si affronteranno dei meravigliosi viaggi alla scoperta dell’arte e della storia dei luoghi culturali italiani, ma dopo che il sole è tramontato.
Alberto Angela quindi, in compagnia di tantissimi ospiti, si farà condurre nelle bellezze della città quando si fa sera e le folle svuotano le piazze, ma non è tutto. Il divulgatore torna in tv il 28 dicembre anche con Meraviglie, che questa volta però, non si focalizzerà sull’Italia ma si sposterà alla ricerca di scorci imperdibili in Europa.
Una vita fatta di viaggi, scoperte e avventura, quella che conduce il figlio di Piero Angela e che, proprio per questo, lo ha messo in una situazione davvero pericolosa. Lo scrittore ha raccontato di aver vissuto delle ore di vero terrore, quando venne sequestrato e minacciato a morte.
Una professione fatta di ricerca può portare all’insorgere di reali pericoli dietro l’angolo. É quello che è successo al divulgatore di Rai Uno, Alberto Angela, che qualche tempo fa in una sua intervista a DiPiù, ha raccontato di aver seriamente rischiato la vita. “Nel 2002 ho rischiato di essere ucciso. Sono stato sequestrato e picchiato da criminali nel Niger. Ho temuto davvero di non rivedere più mia moglie”, ha rivelato il giornalista.
L’episodio è accaduto in Africa, nello specifico tra il Niger e l’Algeria, mentre il figlio di Piero Angela e la sua troupe erano intenti a girare una puntata di Ulisse, il piacere della scoperta. Gli operatori e il conduttore si trovavano nel deserto, quando “dal nulla è uscito un veicolo velocissimo, dal quale sono scesi tre individui con turbante e occhiali da sole ma anche kalashnikov e pistole alla mano“.
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I malintenzionati, come ripercorso dal divulgatore, hanno intimato loro di fermarsi, per poi minacciarli seriamente. “Ci hanno legato, picchiato per ore, interrogandoci e divertendosi a terrorizzarci. Prima ci hanno chiesto droga e alcol, poi ci hanno chiesto invece se fossimo delle spie“, ha proseguito ripercorrendo quei drammatici momenti, affermando di aver trascorso ben 15 ore come veri condannati a morte.
Dopo essere stati derubati di tutti i preziosi, i malcapitati sono stati fortunatamente liberati. “Sono state 15 ore terribili“, ha riassunto il ricercatore che, nonostante quella sconvolgente disavventura, non ha smesso di fare il suo lavoro con passione, dedicando la sua intera vita alla scoperta e alla conoscenza.
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